Sarà l’opera di Bertold Brecht “Madre coraggio e i suoi figli” ad aprire il sipario sulla stagione del Teatro Cagnoni di Vigevano, con protagonista Maria Paiato (martedì 22 e mercoledì 23 ottobre alle ore 20,45). Scritta subito dopo l’invasione della Polonia da parte di Hitler (1939) in Scandinavia (dove Brecht si era autoesiliato per sfuggire al Nazismo), l’opera fu rappresentata in teatro per la prima volta nel 1941 a Zurigo e poi a Berlino nel 1949, imponendosi come uno dei testi più apertamente contro la guerra del Novecento.
Le vicende si svolgono nell’arco di dodici anni durante la Guerra dei Trent’anni (combattuta dalla coalizione francese contro quella asburgica per il dominio dell’Europa, nel contesto di un Sacro Romano Impero ormai disgregato, tra il 1618 e il 1648) e ruotano attorno alla figura, interpretata proprio da Maria Paiato, di Annie Fierling, una mercante al seguito degli eserciti col suo carretto di viveri. Con passere del tempo, Annie perderà i suoi tre figli uno dopo l’altro, perseguendo i suoi fini economici. Alla fine del dramma, la protagonista, sebbene provata dalla guerra e dalla violenza che le hanno strappato via la prole, non avrà imparato la lezione.
Tema centrale del lavoro dello scrittore austriaco è senza dubbio la connessione tra il capitalismo e la guerra. All’interno di essa infatti i vari personaggi cercano di portare a casa il maggior guadagno possibile, senza lasciarsi andare al sentimento. La stessa Annie è combattuta tra l’affetto verso i figli e i suoi affari, che alla fine prevalgono, portandole via anche l’ultimo briciolo di umanità. Sebbene lei affermi di lavorare per mantenere i figli, è proprio la sua dedizione alla professione che la allontana da loro. Una dedizione che la conduce ad incarnare un ideale di libertà femminile quasi sconosciuto ai tempi della scrittura del testo: Annie è una donna indipendente, che vuole fortemente sopravvivere in un mondo più grande di lei, con i mezzi che le sono dati e che sono appunto riconducibili ad una mentalità capitalistica. E comunque, a guerra finita, ci dice Brecht attraverso la sua opera, perdono tutti, ricchi e poveri. A poco serve anche la religione, impersonata da un cappellano ipocrita che cambia bandiera all’occorrenza, passando una volta dalla parte dei cattolici e l’altra da quella dei protestanti. Se la guerra, come ebbe a dire Brecht prima della messa in scena a Berlino nel 1949, è un commercio fatto con altri mezzi, allora la sua opera è ancora oggi una denuncia su quel Potere che fonda la sua essenza sul generare odio e violenza, in ogni loro forma.
T.M.